Felice lo sono doppiamente oggi, non solo per i festeggiamenti (esclusivamente con i congiunti più vicini naturalmente) ma anche perchè qui sul blog proprio stamattina ho il piacere di parlare di un romanzo che ho letto in anteprima durante il lockdown e che ha saputo far breccia in me, tanto da diventare una delle letture più interessanti di questo 2020, sto parlando di Caffè Voltaire di Laura Campiglio.

Autore: Laura Campiglio
Editore: Mondadori
Serie: Autoconclusivo
Data pubblicazione: 5 Maggio 2020
Genere: Narrativa
Pagine: 264
Formato: digitale (euro 9,99) cartaceo (euro 18,00)
Svoltati i trentacinque, Anna Naldini ha la sensazione di ritrovarsi dalla parte sbagliata della trentina: quella in cui la sbornia diventa dura da smaltire, ma soprattutto quella in cui dai progetti è ora di passare ai bilanci. Ma c'è di peggio. Nel giorno del suo compleanno perde la più importante tra le otto collaborazioni precarie di cui si fregiava il suo barocco curriculum: il lavoro di reporter per "La Locomotiva", il quotidiano di sinistra per antonomasia. Non si scoraggia, e dopo la sbronza di rito è pronta a rimettersi in gioco dal tavolino del Caffè Voltaire, il suo bar di riferimento. Sarà il giornale più a destra del Paese, "I Probi Viri", a proporle di seguire una campagna elettorale che si preannuncia agguerritissima dopo l'improvvisa caduta del governo. Perfetto, se non fosse che "La Locomotiva" la richiama: ad Anna non resta che celarsi dietro due pseudonimi – Voltaire e Rousseau – e gettarsi nell'agone politico, prestandosi a un doppio gioco in cui vero e falso si confondono sempre di più. Nell'epoca della post-verità, si può scrivere tutto e il contrario di tutto sperando di uscirne indenni? Tra slogan elettorali, scorrettezze di bassa lega e fake news (con l'aggravante di un inatteso incontro romantico), Anna si renderà conto che fare la cosa giusta non è facile come sembra. E pensare che tutto è iniziato con un innocuo motivetto francese sugli illuministi, Voltaire e Rousseau appunto, che il nonno Pietro da Lomello, un vecchio saggio pragmatico e ironico, le cantava quand'era piccola...
Si ringrazia la Mondadori per l'invio di una copia del romanzo in omaggio
In occasione del Blog Tour proprio oggi ho il piacere di avere qui con noi Laura, la quale è stata davvero gentilissima concedendomi un'intervista ricca di cuore e passione che però è anche una lucida disamina del nostro tempo, spero che la adorerete quanto me!
Benvenuta cara Laura, per me e per i miei lettori è un vero onore averti qui con noi. Mettiti pure comoda e sentiti a casa, tutti noi non vedevamo l’ora di incontrarti per conoscerti meglio e parlare del tuo romanzo: “Caffè Voltaire”.
Molti ti conoscono grazie a "Al posto del cuore", la posta del cuore di Cronaca Vera, trasposta poi nel programma radiofonico in onda su Rai Radio nel 2018. Oggi invece conquisti le librerie grazie al tuo bellissimo romanzo “Caffè Voltaire”, una lettura attuale e fresca che ho letto con grandissimo piacere.
1. Ti andrebbe di raccontarci quindi com’è nato Caffè Voltaire e perché hai deciso di scrivere questa storia?
Ho iniziato a scrivere Caffè Voltaire nel 2018, ma l’idea di raccontare la storia di una giornalista precaria che si ritrova a seguire una campagna elettorale sia per un giornale di estrema destra che per uno di estrema sinistra viene da lontano: la prima scintilla della storia risale a quando, subito dopo il liceo, ho iniziato a collaborare con il quotidiano locale della mia città. Le riunioni di redazione si aprivano con la rassegna stampa: ogni mattina sul tavolone della sala comune squadernavamo tutti i quotidiani del giorno, e ci veniva spontaneo distribuirli secondo una sorta di ordine ideologico, mettendo il Corriere della sera al centro, a destra le testate di destra dalla più moderata alla più radicale, a sinistra la stessa cosa. Se si confrontavano i due giornali agli estremi di quel piccolo arco editoriale, il colpo d’occhio era straniante: sembrava che le prime pagine si riferissero a due paesi e due epoche diverse. E invece sempre lo stesso giorno nello stesso paese, solo visto da due prospettive diametralmente opposte. Ecco, quest’idea che all’epoca mi aveva tanto colpita è rimasta dentro di me come una specie di tarlo. E quando molti anni dopo ho iniziato a scrivere questo romanzo mi sono decisa finalmente a svilupparla: il tema della realtà e della sua rappresentazione mi è sembrato ancora molto attuale, tanto più oggi in cui il discorso pubblico è polarizzato come non mai.
2. Cosa può aspettarsi un lettore dal tuo romanzo? Pensi che Caffè Voltaire sia una lettura rivolta ad un pubblico eterogeneo di lettori o ti sei rivolta ad una categoria ben precisa?
Il mio auspicio è quello di poter parlare a tutti: mi sembra che i toni della commedia brillante si prestino a raggiungere un pubblico più ampio possibile. Forse però la categoria che può sentirsi più vicina al romanzo è la generazione dei trenta-quarantenni: se i lettori riuscissero a empatizzare con Anna Naldini e a rispecchiarsi in qualche modo nella sua storia e nella sua condizione, per me sarebbe un traguardo importante.
3. La tua protagonista, Anna Violetta,è una giovane in cui sono riuscita a rivedermi. Apri il tuo romanzo presentandoci la tua protagonista quando, appena chiusa la sua ottava collaborazione lavorativa (precaria), si ritrova a fare un bilancio della sua vita professionale. Un tempo, raggiunta la soglia dei trentacinque anni, ci si trovava nel pieno di una stabilità professionale che oggi a noi “giovani” manca del tutto, uso il virgolettato perché è la società ad aver deciso che a trentacinque anni si abbia ancora necessità di gavetta lavorativa, considerandoci ancora indegni di una posizione stabile. Non è facile quindi fare un bilancio pensando ai sogni che avevamo da giovanissimi. Io per prima, compiendo i 35 anni a Maggio, mi sono provata nel bilancio e , in tutta onestà, non ne sono uscita bene. Se dal punto di vista personale ne sono uscita abbastanza bene, da quello professionale assolutamente no. La mia generazione - diciamo quella degli anni ’80/ ’85 – è quella che sta dovendo fare i conti con un percorso lavorativo più ostico. Perché secondo te? Cosa è andato storto da quando sui banchi di scuola, ancora illusi, sognavamo in grande?
È una domanda molto complessa che riguarda tutta una serie di scelte politiche e economiche nell’arco degli ultimi trent’anni: non ho certamente le competenze per rispondere. Due cose, però, posso dirle, una critica e un’autocritica. La critica: pensare di combattere la disoccupazione eliminando garanzie contrattuali a tutela del lavoratore non è stata una grande idea, dato che anche oggi, nella giungla di contratti atipici e collaborazioni esterne in cui tentiamo di districarci, la disoccupazione è tutt’altro che sparita. L’autocritica: la mia generazione (io per prima) ha sbagliato indulgendo in una certa narrazione romantica del precariato, come se casa, mutuo e famiglia fossero cose “da vecchi”, inutili orpelli novecenteschi, e invece che bello il coworking, che bella la stanzetta in affitto nel quartiere della movida, che meraviglia essere liberi e non avere responsabilità… è un modello che funziona a venticinque anni, forse anche a trenta, ma che dopo i trentacinque inizia a puzzare tanto di fregatura. Ma a parte tutto questo, ormai siamo a maggio ed è quasi il tuo compleanno: auguri, ragazza!
4. Anna Violetta, la tua protagonista, così come possiede due nomi fin dalla nascita, nella vita professionale si ritroverà ad usare ben più di un alter ego, cercando di barcamenarsi tra due fronti opposti, credi che questa situazione sia meno romanzata di quanto si potrebbe pensare? La storia di Caffè Voltaire pensi che sia possibile trasporla nella realtà moderna? E, come suggerito dalla sinossi del tuo romanzo: Nell’epoca della post-verità, si può scrivere tutto e il contrario di tutto sperando di uscirne indenni?
Io pensavo che quella di Anna Naldini – che nello stesso pomeriggio deve scrivere un editoriale di destra-destra sotto lo pseudonimo di Voltaire e uno di sinistra-sinistra sotto quello di Rousseau – fosse una situazione limite, una circostanza puramente romanzesca. Ma proprio in questi giorni parlavo di Caffè Voltaire con un giornalista che mi ha confessato di essersi addirittura ritrovato a scrivere comunicati sia per la Fiom che per Confindustria: un fuoriclasse. Il doppio gioco ideologico nel quale Anna Naldini si ritrova invischiata è molto difficile da portare avanti, sia per questioni logistiche (i direttori dei due giornali, ovviamente, non devono sapere che Voltaire e Rousseau sono la stessa persona) che per questioni psicologiche, per tacere le ragioni etiche e deontologiche. E infatti a un certo punto ci sarà una svolta.
5. Qualcuno potrebbe pensare che questa sia una lettura in cui la “politica” fa da coprotagonista. Quanto c’è di vero?
Se l’impressione è questa, non mi dispiace affatto. Quando ho iniziato a pensare a un romanzo ambientato durante una campagna elettorale, c’è stato da più parti un certo timore: ma come, mi hanno chiesto le persone con cui mi sono confrontata, la gente è così disaffezionata alla politica che non va neanche a votare, ti sembra il caso di scrivere un libro che parli proprio di questo? Io ho sempre risposto di sì, perché credo fermamente nell’adagio secondo cui noi possiamo decidere di non occuparci di politica, ma la politica finirà comunque per occuparsi di noi. Poi, certo, quello del romanzo è sempre uno spazio generoso, in cui trovano posto tante cose: nel caso di caffè Voltaire, per esempio, oltre al problema di verità e post-verità e all’epica disforica di una generazione eternamente precaria, c’è anche la saggezza spicciola e ironica del nonno di Anna, le chiacchiere da bar e i personaggi incontrati al bancone, la ricetta dello Spoiler (il cocktail della casa del Caffè Voltaire, che un mio amico mixologist ha prodotto veramente) e le tecniche di difesa del coleottero bombardiere.
6. Se dovessi definire con tre aggettivi Caffè Voltaire quali useresti?
Non riuscendo assolutamente a rispondere a questa domanda, dopo un’ora di tormentosi dubbi ho deciso di girarla alle mie figlie: la seienne, con mirabile pragmatismo, ha risposto “rosso e bianco, divertente, con una scarpa sì e una scarpa no”. La quasi quindicenne propone invece “coinvolgente, nuovo e (ehm…) alcolico”.
7. Perché un lettore dovrebbe decidere di leggere il tuo romanzo? La tua Anna Violetta come vuole essere ricordata da chi la incontrerà su carta ed inchiostro e quanto può aggiungere alla vita quotidiana dei suoi lettori?
Spero che la storia di Anna riesca a portare al lettore una buona dose di leggerezza e qualche occasione di riflessione, come nella miglior tradizione della commedia. Quanto ai motivi, be’, si dice che il lettore medio scelga il libro dalla copertina: se è così io sono a posto, visto che la cover di Caffè Voltaire, disegnata dalla bravissima Francesca Protopapa, è perfetta.
8. Oltre ad essere un’ottima scrittrice sei anche una lettrice di serie A? Cosa ti piace leggere di solito e quale libro si trova oggi sul tuo comodino?
Sono una lettrice accanita, onnivora e anarchica, per questo sul mio comodino c’è sempre una discreta folla di libri con una certa promiscuità di saggi e romanzi, classici e non. Adesso che ho recuperato la biblioteca di mio nonno, poi, mi sto godendo delle chicche gustosissime. E quindi sul mio comodino attualmente ci sono “La scoperta di Milano” di Guareschi in un’edizione del 1941, “Fratelli d’Italia” di Arbasino (in formato ebook, perché l’ho comprato a librerie chiuse e lo sto leggendo un po’ per volta) “Tutto chiede salvezza” di Daniele Mencarelli e “A che punto è la notte” di Fruttero&Lucentini, che ho già letto e riletto più voltema che ho voluto riprendere in mano per la potenza evocativa, in tempi così incerti, della citazione biblica che dà il titolo al libro.
9. Hai un autore preferito o qualcuno a cui ti ispiri quando sei davanti al foglio bianco?
Nei momenti di impasse, quando ti incagli nel mezzo di una frase qualunque e proprio non riesci ad andare avanti, mi chiedo sempre ehi, come la direbbe Pinketts? Domanda retorica: Pinketts la direbbe come Pinketts, come solo lui era capacee nessun altro al mondo.
Grazie di cuore per aver risposto a queste domande cara Laura, è stato un piacere ed un onore conoscere meglio te e il tuo Caffè Voltaire. Prima di salutarci vorresti per caso condividere con noi uno dei tuoi progetti futuri? Personalmente non vedo l’ora di tornare a leggerti!
Sui progetti futuri, non per scaramanzia ma per totale mancanza di certezza su cosa potrà o non potrà andare in porto nei prossimi mesi, cerco di non focalizzarmi troppo: come dice il nonno di Anna Naldini, per ora “si naviga a vista, si tira la cinghia, si sta alla finestra”. Per il resto, grazie davvero della chiacchierata, è stato un enorme piacere. E in alto i calici per i tuoi trentacinque!
Bene, direi che dopo aver ricevuto gli auguri della stessa autrice (grazie di cuore Laura!!!) proprio nel giorno del mio compleanno - librosamente parlando - non avrei potuto iniziare meglio la giornata, non vi pare?
Spero vivamente che l'intervista sia piaciuta anche a voi e che leggerete Caffè Voltaire che per me - come dicevo prima - resta sinceramente una delle letture più interessanti di questo 2020, una lettura che riporta con i piedi per terra e che fa riflettere moltissimo, un romanzo scritto in modo scorrevole, dal ritmo vivace, e con un'affascinante lucidità che lo rende un must read necessario in cui noi trentenni ( e non solo) non potremo che immedesimarci.
Per saperne di più vi invito chiaramente a recuperare le altre tappe del Blog Tour, io vi aspetto nei commenti per sapere cosa ne pensate.
L'abbraccio più grande del mondo,
Complimenti per l'intervista all'autrice, romanzo molto interessante. E tanti auguri!!!
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